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RRE si unisce a più di 100 associazioni che chiedono al governo Italiano soluzioni relative alle cittadine e ai cittadini stranieri con riguardo al COVID-19

RRE ha aderito a più di 100 associazioni nel firmare un documento che chiede al legislatore italiano soluzioni concrete e immediate sull’impatto delle misure di emergenza COVID-19 sulle cittadine e sui cittadini stranieri.  

Le principali questioni incluse in questo documento includono le condizioni di vita nei centri di accoglienza, nonché negli insediamenti informali e nei centri di permanenza per il rimpatrio (CPR). Questi luoghi non consentono il rispetto delle regole stabilite dal decreto di emergenza per il coronavirus e mettono a rischio la salute della popolazione, che è costretta a vivere in questi luoghi. Inoltre, molte persone hanno ricevuto il rifiuto della protezione internazionale o hanno perso il permesso di soggiorno, a causa dell’approvazione della Legge 132/2018, e ora sono costrette a vivere senza fissa dimora o in insediamenti informali, senza servizi essenziali come acqua corrente o servizi igienico-sanitari.

Per questi motivi, le associazioni firmatarie chiedono l’accesso ai servizi sanitari, l’attuazione di misure volte a informare la popolazione straniera sul COVID-19 e sulle relative misure di emergenza adottate dal governo, la necessità di chiudere grandi centri come CAS e CARA – dove più di 100 persone possono vivere insieme nelle immediate vicinanze – a favore di un sistema di accoglienza diffuso in appartamenti. Ulteriori richieste sono state avanzate dalle associazioni per garantire che tutte le persone siano accolte in strutture di accoglienza appropriate e che i servizi essenziali siano garantiti per evitare la diffusione del virus.

Le associazioni chiedono modifiche anche per quanto riguarda le procedure amministrative e giudiziarie, sottolineando in particolare la necessità di sospendere le misure di detenzione ed espulsione, poiché al momento non è possibile procedere al trasferimento verso paesi terzi. Continuare a procedere con gli ordini di detenzione comporterebbe l’estensione del tempo di reclusione nei centri di rimpatrio (CPR) e l’aggravamento delle già difficili condizioni di vita all’interno delle strutture, rischiando un sovraccarico.

Inoltre, viene sottolineata l’importanza di procedere con misure volte a consentire alle associazioni coinvolte nelle attività di ricerca e salvataggio di procedere in sicurezza, sia per gli operatori che per le persone salvate e per consentire la rapida concessione di un porto sicuro.

Il documento completo è disponibile in italiano qui.

Le parti interessate possono firmare il documento qui.

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